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LE VERDURE E I CEREALI

Per secoli i piemontesi sono stati mangiatori di verdure; il pane bianco era un sogno, la polenta doveva ancora arrivare sulle nostre tavole e la carne era privilegio dei ricchi borghesi e dei nobili. Non restando altro che la verdura, i piemontesi usarono la fantasia per migliorare la loro povera dieta. Sono nati così autentici capolavori dell'arte culinaria presenti tuttora sulle nostre tavole. Il fabbisogno della popolazione e il gran consumo di ortaggi fece sì che ogni città avesse il suo rione degli orti, contribuì al miglioramento delle specie coltivate importando da altri paesi varietà diverse da quelle autoctone e diede sovente il nome della città stessa ad un prodotto della terra; abbiamo così, ancora ai giorni nostri, il Peperone Quadrato di Asti, quello di Cuneo, di Carmagnola, il Cardo Gobbo di Nizza Monferrato, vero esempio di abilità e ingegno, che trasforma uno spinoso parente del carciofo, amaro e duro, in un ortaggio dolcissimo e tenero. Gli Asparagi, una vera prelibatezza e tra i più pregiati d'Europa, sono coltivati prevalentemente a Santena e Poirino nonché nelle sabbiose terre del Roero e sulle dolci colline Astigiane, in particolare a Vinchio. Non vi è poi orto che non abbia i Pomodori, in prevalenza di varietà Savoiarda, prima dell'invasione di altre specie (cuore di bue, San Marzano, perina, ecc.). Prima ancora che a Napoli, sino dal Settecento, le nostre massaie usavano fare una salsa ricca d'aromi e profumi per condire la pasta ed il riso, aggiungendo ai pomodori erbe aromatiche, sedano, cipolle e carote, e più recentemente, una salsa Rubra con zucchero, aceto e senape per condire i bolliti. Presenti in tutta la Regione, i fagioli; i Borlotti vercellesi, protagonisti tanto della cucina Canavese quanto della pianura risicola con la Panisce o Panisse, le Fagiolane dell'Appennino tortonese, i Bianchi di Spagna dell'Alta Langa e del Cuneese. Non bisogna infine dimenticare, a proposito di legumi, le fave e i ceci, particolarmente presenti nella gastronomia Astigiana, questi ultimi protagonisti, come altri ortaggi, cereali e legumi, di sagre paesane, famosa la Sagra dei Ceci di Quaranti, in provincia di Asti. Il riso, ancora oggi importante mezzo di sussistenza in Oriente, arriva nelle pianure del Vercellese e del Novarese nel XV secolo. Le notevoli estensioni paludose hanno favorito la diffusione della coltivazione del riso che nel giro di pochi decenni assunse una notevole importanza, caratterizzando fin da allora la gastronomia locale. In secoli più recenti, la grande genialità di Camillo di Cavour indusse gli agricoltori ad una migliore canalizzazione delle acque, risale infatti al 1866 la costruzione del canale Cavour, che permise di migliorare il sistema irriguo del Vercellese. Per molto tempo i giovani contadini piemontesi si recarono nelle risaie a far la messe ricevendo come compenso sacchi di riso. Questo ha fatto si che la cucina piemontese vanti un gran numero di piatti a base di riso a seconda delle culture gastronomiche locali: superbe minestre di verdura nelle colline del vino del Monferrato, nell'Astigiano e nelle Langhe, cotto con il latte o con le castagne nelle vallate alpine, con i rossi pomodori nelle pianure del Cuneese. Oggi il risotto alla piemontese (un'infinità di varianti) è parte integrante della nostra gastronomia. Il granoturco giunge dall'America nel XVII secolo; dalla produzione sicura e abbondante, diventa l'alimento base dei contadini sino alla fine dell'ottocento. Liberati dalla necessità di nutrirsi con pastoni a base di cereali o legumi, la polenta di meliga divenne ben presto parte integrante della gastronomia piemontese grazie agli accompagnamenti, diversi da zona a zona, con cui era servita in tavola; abbiamo così, in pianura, la polenta con bagne a base di prezzemolo e merluzzo, con cipolle o porri, con fagioli e maiale, o ancora, in montagna, con il latte o con formaggi. Oggi, la polenta, è ancora largamente presente nei ristoranti della nostra Regione, anche se sovente, solo come contorno di selvaggina, sivè e stufati.
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